“I think these days you can put a guy, say, in a pair of sequin pants and a nearly transparent knit sweater with a traditional English wool men’s jacket on top of it. And nobody’s going to say ‘Oh, how shocking,’” Dries Van Noten said.
La frase dello stilista di Anversa pare riassumere perfettamente la poliedricità materica della prossima stagione in esame, la quale, non può non essere condizionata dalla disordinata mescola dei modi diversi di vestire delle “persone reali”. Questo caotico look ha dominato molte delle passerelle delle recenti Fashion Weeks, in cui l’abbigliamento maschile pare non essere mai stato così bizzarro.
Tentando di mettere ordine al grumo di informazioni, possiamo inizialmente sostenere che alcuni fenomeni già manifestati per l’estate 23 si rifletteranno anche nella fall/winter successiva. Il messaggio emerso in modo chiaro da Milano Unica pare sia stato quello del ritorno ad un lusso alla “Paul Poiret” secondo il quale negli Eco Resort, Eco Palace ed Eco Yatch possiamo ritrovare tutta la ricercatezza, l’esotismo, l’eleganza e la fluidità che lo stilista parigino di inizio Novecento seppe introdurre nelle sue creazioni.
Con uno stile più postmoderno e metropolitano, Premiere Vision focalizza l’attenzione su un mondo complesso e binario, in cui alcuni elementi contrastanti devono trovare una loro sintesi ed una loro coesistenza tramite la ragione ed il buon senso. La connessione fra natura e tecnologia sostenibile, fra virtù e frivolezze modaiole, fra mondi immaginari e reali sembra essere la guida estetica per intercettare il gusto ed i comportamenti dei consumatori.
Da questi presupposti tento di esporre alcune tendenze che potrebbero dirigere il lavoro dei disegnatori di tessuti per la prossima stagione:
- il Techno Over Size, caratterizzato da tessuti lucidi, tecnici, composti da mescole di fibre sintetiche e artificiali ma, molto importante, prodotte da produzioni sostenibili post o pre consumer; le mani devono essere molto cadenti e non rigide al fine di assecondare tagli e modellazioni molto abbondanti sia per il capo spalla sia per il pantalone, tutto molto décontracté;
- lo stile Dandy laniero, molto evidente nelle sfilate di Kenzo, Rhude e Paul Smith, caratterizzato da un ritorno al completo in lana con disegni leggermente sovradimensionati, ma più ridotti rispetto alle stagioni scorse; in questi outfit vi è sia un timido ritorno alla cravatta sia un accenno di disegnatura gessata, completamente scomparsa nelle stagioni scorse;
- Tessuti accoppiati e laminati in modo decisamente innovativo hanno attirato l’attenzione nella presentazione di “Engineered Garments”, la fashion label Newyorkese di Daiki Suzuki nota per l’abbigliamento outdoor elegante e funzionale. Parrebbe che la collezione tragga l’ispirazione dal film “The Lighthouse”; dove maglie grosse a 8 fili, soprabiti cerati con chiusure a gancio, plaid doppiati e trapuntati, ponchos in pile e poliestere accoppiati sembrano condividere il destino dei due guardiani rimasti bloccati sul loro faro sino a generare in follia.
È proprio questa l’idea che sembra essere più innovativa ma nello stesso tempo estremamente fruibile per iniziare la stagione. Film e collezione si basano sugli stessi principi. “The Lighthouse”, infatti, straordinario horror d’autore in bianco e nero che vede nel cast Willem Dafoe e Robert Pattinson, è un’imperdibile esperienza cinefila adatta ai palati più raffinati, che vuole farsi summa di tutte le suggestioni appartenenti alle leggende marinaresche meno rassicuranti e che eccelle nel creare un evocativo crescendo di paranoia e tensione interamente incentrato sul concept che dà il titolo al film.
La collezione di Daiki Suzuki risente del know how costruito in Woolrich, l’iconico marchio statunitense che da duecento anni confeziona giacche tecniche progettate per prestazioni, funzionalità e durata ma che trovano spazio nei concept store più esclusivi.
Non si tratta soltanto di un singolare omaggio al film, piuttosto di una reinterpretazione molto empatica dell’atmosfera dell’isola attraverso l’inimitabile obiettivo del designer in cui si riverbera il periodo di clausura pandemica che tutti abbiamo vissuto. È uno stile “facile” fatto di cappotti di cotone cerato, pesanti blazer in lana, pantaloni cargo, tute, maglioni a coste che costituiscono un’inquietante etica Vittoriana che viene voglia di indossare.
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