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Agosto fra Accademia dei Sartori e “Oppenheimer”



In questo soleggiato agosto, il biellese ha offerto la sua ospitalità all’eccellenza della sartoria mondiale, accogliendo il 39° Congresso della Word Federation of Master Tailor. Circa 300 sarti provenienti da 34 Paesi, hanno dato luogo ad una serie di conferenze, incontri e visite, culminate con due sfilate, una della sartoria italiana e una della sartoria estera, tenute nella splendida cornice medievale di piazza Cisterna.


La “scuola” sartoriale italiana è fra le più autorevoli nel mondo, grazie alla sua capacità artigiana, sinonimo di gusto, stile e perfezione, ed è partner ideale del territorio biellese, dove i lanifici locali producono stoffe gioiello per i connoisseur del “su misura”.


I segreti di quest’arte tradizionale vengono tramandati nell’Accademia Nazionale dei Sartori di Roma, fondata nel 1575 e considerata la più antica associazione tessile italiana. Durante l’ evento, il maestro Gaetano Aloisio, presidente dell’ Accademia e nuovo presidente della Word Federation of Master Tailor, ha consegnato l’ambito premio “Forbici d’ Oro”. Il premiato è stato il giovane maestro sarto Segun Jin, attivo nella sartoria “Liverano” di Firenze, a cui sono state riconosciute le grandi capacità lavorative, lo stile, la competenza tecnica, l’estro creativo e il rigore formale specifico, come massima espressione dell’alto valore artigianale.


Il Maestro Gaetano Aloisio


Pochi giorni dopo, nelle sale è uscito “Oppenheimer”, un film colossale e denso di significato, in cui il regista Cristopher Nolan racconta la dolorosa storia del Manhattan Project che realizzò la prima bomba atomica. Il film è decisamente “maschile” e descrive in modo chiarissimo l’estetica dell’abbigliamento formale dell’epoca, paradossalmente non troppo discosto da ciò che si è visto sfilare nelle passerelle di Biella.


Dietro a questa estetica c’è la straordinaria costumista Ellen Mirojnick, che, con la collaborazione di Nino Cerruti, negli anni Ottanta trasformò l’abbigliamento di Gordon Gekko (Michael Douglas) in una sorta di manuale di moda aziendale. In “Oppenheimer” i fisici del Progetto Manhattan indossano completi scuri e monocromatici durante le lezioni all’università e qualche tonalità neutra e più chiara durante il periodo a “Los Alamos”. Iconico è il perfetto “smoking party black tie” indossato dall’elegantissimo Robert Downey Jr.

Un trait d’union unisce la manifestazione più importante della moda formale maschile con l’estetica espressa da un film Block Buster narrante eventi risalenti a metà Novecento. Ma come è possibile che nella sua essenzialità il “rigore formale specifico” dell’abbigliamento classico maschile non sia di molto cambiato in 80 anni?





Le radici di questo fenomeno risiedono lontano nel tempo. Durante il Rinascimento, il mondo riformato adottò una serie di gamme cromatiche fra il nero, il nero bluastro, il viola scuro ed il grigio. Questi colori divennero simbolo di autorevolezza pragmatica borghese, rintracciabile nella pittura olandese e fiamminga che immortalarono una nuova classe dirigente. I dipinti ritraggono individui abbigliati con indumenti funzionali alle loro attività produttive, materiali o intellettuali, caratteristiche della nascente borghesia calvinista, attenta ad evitare ogni forma di spavalderia o retorica eccessiva.





Con il debutto dell’Ottocento la moda maschile vide scomparire ogni genere di orpello a favore di un concetto estetico basato su pragmatismo ed utilitarismo materiale e morale. Dal mondo anglosassone si diffuse il completo maschile a tre pezzi, composto da giacca, gilet e pantalone alla caviglia, confezionato con stoffe in lana tinte in colori scuri e spenti.

Lo psicologo britannico John Flügel, nell’opera “Psicologia dell’abbigliamento”, sostiene che l’eliminazione degli elementi decorativi negli abiti maschili, rappresentò quella che venne considerata la “Grande Rinuncia”. Accadde che per il genere maschile il concetto di moda si tramutò in concetto di eleganza. A questo proposito, la storica della moda Enrica Morini si esprime in questo modo:

 

“L’accostamento al potere e la sua assunzione da parte dell’uomo borghese portarono ad una codificazione del suo modo di vestire che corrispose alla codificazione del suo ruolo. La moda maschile, si concentrò sui particolari: i tessuti, le cravatte, i gilet, ma anche la perfezione del taglio degli indumenti, il candore e la pulizia, la stiratura, la sapiente annodatura di una cravatta”

 

In questo contesto, la forma e la perfezione estetica precedono sia il colore sia la disegnatura fantasia, e l’eleganza discretamente “under-statement” trova nella “giusta misura” la propria forma di distinzione. Una raffinatezza che accomuna da secoli gli uomini amanti dell’eleganza classica formale.

 

Rossano Bisio


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